Commento a Atti 25, 13-27
Anch’io vorrei ascoltare l’uomo
Comincia una lunga sezione (At 25,13-26,32) in cui Paolo, dopo aver testimoniato davanti al Sinedrio e ai governatori Felice e Festo, appare anche davanti all’ultimo re giudeo. Infatti il re Agrippa si trova in visita di “presentazione” a Festo. Questi gli espone il caso di Paolo. Il re dice:”Anch’io vorrei ascoltare l’uomo”. La scena richiama il processo di Gesù quando Pilato lo manda da Erode (Lc 23,6-12). Ma il racconto è più ampio (44 versetti contro 7) e articolato. Infatti, oltre l’irrisione di Festo (At 26, 24), appare sulla sua bocca il nome di Gesù e la sua risurrezione (At 25,19). Inoltre l’incontro tra Festo e re Agrippa introduce una nuova convocazione e apologia di Paolo che occuperà tutto il capitolo 26 degli Atti.
In questo lungo racconto si compie quanto disse il Signore ad Anania circa Polo, “vaso eletto per portare il mio nome dinnanzi ai popoli, ai re e ai figli d’Israele” (At 9, 15).
Accade a lui quanto predisse Gesù ai discepoli prima della passione: “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori a causa del mio nome” (Lc 21, 12s).
L’esposizione di Felice ad Agrippa mette in risalto l’innocenza di Paolo e l’infondatezza delle accuse contro di lui come “ bubbone pestifero”, pericoloso sovvertitore dell’ordine pubblico.
Nell’economia degli Atti il racconto serve, oltre che a sdoganare il cristianesimo come “religio licita”, a mostrarne la fondatezza. Ciò che è accaduto e narrato nel Vangelo e che che Paolo annuncia è noto a tutti, anche al re: “Non sono fatti accaduti in segreto” (At 26,26).
L’ingresso in pompa magna dei grandi della regione, con il seguito di generali e nobili della città, manifesta l’importanza del cristianesimo: non è una setta clandestina, ma una “Via”nota e aperta a tutti, senza esclusioni di ceto, genere o razza.
La grandiosa scenografia del processo diventa il palco adeguato alla testimonianza di Paolo, che a tutti porta l’annuncio di Gesù.
Nei vv. 13-22 il governatore Festo presenta ad Agrippa e Berenice il caso di Paolo. È in breve la storia del suo processo, iniziato dal suo predecessore Felce due anni prima e continuato da lui. Le imputazioni criminose contro Paolo sono infondate. Non è un caso politico, come avrebbero voluto i suoi accusatori, per farlo eliminare dai romani. Si tratta di questioni religiose circa un certo Gesù, morto, che Paolo afferma essere vivo. Per questo Festo voleva rimandare il processo a Gerusalemme. Ma Paolo aveva rifiutato, perché lo volevano uccidere e, in quanto cittadino romano, si era appellato a Cesare.
Nei vv. 23-27, trascorso un giorno dall’arrivo del re Agrippa, Festo inizia il processo a Paolo davanti a lui e tutte le autorità cittadine. Non si può presentarlo all’imperatore senza alcuna accusa. Per questo chiede agli astanti di esaminare il caso per vedere cosa possa scrivere a Cesare. È infatti assurdo inviargli un prigioniero da giudicare senza alcuna incriminazione contro di lui.
Tema fondamentale del testo è sempre e ancora l’innocenza politica di Paolo e la rilevanza pubblica del messaggio cristiano che lui porta a tutti, compresi governati e re.
DIVISIONE
a. vv. 13-23: Festo presenta il caso di Paolo al re Agrippa
b. vv. 24-27 : Festo presenta Paolo in tribunale davanti a un pubblico d’eccezione.
Anch’io vorrei ascoltare l’uomo
Comincia una lunga sezione (At 25,13-26,32) in cui Paolo, dopo aver testimoniato davanti al Sinedrio e ai governatori Felice e Festo, appare anche davanti all’ultimo re giudeo. Infatti il re Agrippa si trova in visita di “presentazione” a Festo. Questi gli espone il caso di Paolo. Il re dice:”Anch’io vorrei ascoltare l’uomo”. La scena richiama il processo di Gesù quando Pilato lo manda da Erode (Lc 23,6-12). Ma il racconto è più ampio (44 versetti contro 7) e articolato. Infatti, oltre l’irrisione di Festo (At 26, 24), appare sulla sua bocca il nome di Gesù e la sua risurrezione (At 25,19). Inoltre l’incontro tra Festo e re Agrippa introduce una nuova convocazione e apologia di Paolo che occuperà tutto il capitolo 26 degli Atti.
In questo lungo racconto si compie quanto disse il Signore ad Anania circa Polo, “vaso eletto per portare il mio nome dinnanzi ai popoli, ai re e ai figli d’Israele” (At 9, 15).
Accade a lui quanto predisse Gesù ai discepoli prima della passione: “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori a causa del mio nome” (Lc 21, 12s).
L’esposizione di Felice ad Agrippa mette in risalto l’innocenza di Paolo e l’infondatezza delle accuse contro di lui come “ bubbone pestifero”, pericoloso sovvertitore dell’ordine pubblico.
Nell’economia degli Atti il racconto serve, oltre che a sdoganare il cristianesimo come “religio licita”, a mostrarne la fondatezza. Ciò che è accaduto e narrato nel Vangelo e che che Paolo annuncia è noto a tutti, anche al re: “Non sono fatti accaduti in segreto” (At 26,26).
L’ingresso in pompa magna dei grandi della regione, con il seguito di generali e nobili della città, manifesta l’importanza del cristianesimo: non è una setta clandestina, ma una “Via”nota e aperta a tutti, senza esclusioni di ceto, genere o razza.
La grandiosa scenografia del processo diventa il palco adeguato alla testimonianza di Paolo, che a tutti porta l’annuncio di Gesù.
Nei vv. 13-22 il governatore Festo presenta ad Agrippa e Berenice il caso di Paolo. È in breve la storia del suo processo, iniziato dal suo predecessore Felce due anni prima e continuato da lui. Le imputazioni criminose contro Paolo sono infondate. Non è un caso politico, come avrebbero voluto i suoi accusatori, per farlo eliminare dai romani. Si tratta di questioni religiose circa un certo Gesù, morto, che Paolo afferma essere vivo. Per questo Festo voleva rimandare il processo a Gerusalemme. Ma Paolo aveva rifiutato, perché lo volevano uccidere e, in quanto cittadino romano, si era appellato a Cesare.
Nei vv. 23-27, trascorso un giorno dall’arrivo del re Agrippa, Festo inizia il processo a Paolo davanti a lui e tutte le autorità cittadine. Non si può presentarlo all’imperatore senza alcuna accusa. Per questo chiede agli astanti di esaminare il caso per vedere cosa possa scrivere a Cesare. È infatti assurdo inviargli un prigioniero da giudicare senza alcuna incriminazione contro di lui.
Tema fondamentale del testo è sempre e ancora l’innocenza politica di Paolo e la rilevanza pubblica del messaggio cristiano che lui porta a tutti, compresi governati e re.
DIVISIONE
a. vv. 13-23: Festo presenta il caso di Paolo al re Agrippa
b. vv. 24-27 : Festo presenta Paolo in tribunale davanti a un pubblico d’eccezione.