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X SOSPESO IN BRASILE PERCHE' ELON MUSK SI RIFIUTA DI CENSURARE
24 milioni di utenti non potranno più accedere all'ex Twitter a causa di una sentenza della Corte Suprema di Lula, provvedimento degno di una dittatura
di Stefano Magni
Non sospendi gli utenti che ti ordino di sospendere? Allora blocco tutto il social network nel mio paese. Questo è quanto è appena successo in Brasile: la Corte Suprema, venerdì 30 agosto, ha ordinato la sospensione di X, l'ex Twitter, dopo una battaglia legale durata mesi tra il proprietario del gigante dei social media, Elon Musk, e le autorità brasiliane, soprattutto il giudice supremo Alexandre de Moraes. Da domenica 1 settembre, circa 24 milioni di utenti non potranno più accedere al grande social network americano.
Venerdì, la maggioranza di un collegio di cinque giudici ha votato a favore del divieto dopo che Alexandre de Moraes ha chiesto alla Corte di rivedere la sua decisione. Elon Musk ha definito de Moraes un "dittatore". Il motivo ufficiale è che l'azienda americana non ha rispettato la scadenza fissata dal giudice de Moraes per nominare un nuovo rappresentante legale nel Paese. Perché però, non è stato nominato un rappresentante legale, in tempo? La settimana scorsa, Musk aveva chiuso gli uffici brasiliani della piattaforma, dopo che i membri del suo staff erano stati minacciati di arresto. Se avesse nominato un rappresentante legale, responsabile in Brasile di eventuali violazioni della legge, questi avrebbe rischiato l'arresto, molto probabilmente.
Una volta ordinata la sospensione completa di X nel paese, il giudice de Moraes ha anche stabilito una multa di 50mila reais (circa 8mila euro) per chiunque abbia usato "sotterfugi tecnologici" per aggirare il blocco, come una VPN, una rete privata virtuale.
LA LIBERTÀ DI PAROLA
Il contenzioso è iniziato ad aprile, quando ad X era stato ordinato di bandire oltre 140 account, tra cui alcuni dei più importanti opinionisti di destra brasiliani e membri eletti del Congresso nelle file dell'opposizione di centrodestra. X si è rifiutata di obbedire, affermando che questi ordini di rimozione sono di per sé illegali e incostituzionali. In risposta alla minaccia di sospensione, Elon Musk aveva dichiarato: «La libertà di parola è il fondamento della democrazia e uno pseudo-giudice non eletto in Brasile la sta distruggendo per scopi politici».
Mike Benz (Foundation for Freedom Online) osserva come la notizia della chiusura di X in territorio brasiliano non abbia suscitato alcuna protesta da parte delle autorità americane, sebbene vengano direttamente colpite da questo provvedimento. « Il governo brasiliano ha appena vietato X, il che significa che l'account dell'ambasciata statunitense in Brasile, @USAmbBR, è ora vietato in Brasile - scrive Benz - I brasiliani non possono nemmeno vedere l'account X dell'ambasciata, che non ha rilasciato una dichiarazione di condanna di quanto accaduto, non ha minacciato sanzioni, non ha minacciato di ridurre gli interessi commerciali degli Stati Uniti, non ha minacciato di eliminare i 200 milioni di dollari di assistenza governativa straniera al Brasile, niente di niente».
Oltre che il silenzio, Benz accusa l'amministrazione Biden di complicità: «Il governo degli Stati Uniti ha finanziato le Ong brasiliane, i think tank brasiliani, che hanno collaborato ad elaborare questi decreti di censura e che hanno fatto pressioni sul governo brasiliano affinché non facesse eccezione per i parlamentari eletti in Congresso, perché ciò sarebbe equivalso ad un lasciapassare per i parlamentari che diffondono disinformazione».
I PRECEDENTI ERANO DELLE DITTATURE
Altri paesi che hanno bloccato X (e precedentemente Twitter) entro i loro confini, sono: Cina, Russia, Iran, Myanmar, Corea del Nord, Turkmenistan e Uzbekistan. Il Brasile si unisce a questa breve lista, con la particolarità di essere l'unica democrazia. È l'ennesima prova della deriva autoritaria del Brasile di Lula, il presidente del Partito dei Lavoratori che, dopo la sua scarcerazione e vittoria elettorale, ora gode anche dell'appoggio di una magistratura politicizzata e schierata dalla sua parte. Un ribaltamento dei rapporti di forza rispetto al 2018, quando il presidente di destra Jair Bolsonaro aveva vinto grazie a un'inchiesta della magistratura che aveva distrutto il Partito dei Lavoratori. E anche grazie ai social, che in quegli anni, avevano contribuito a dare un'alternativa all'egemonia culturale della sinistra. Lula, insomma, si sta vendicando con gli interessi.
Fraser Myers, editorialista di Spiked!, nota come la tendenza a normalizzare il controllo sui social media e anche la censura propriamente detta stia infatti dilagando anche nelle democrazie. «La messa al bando di X in Brasile questa settimana e l'arresto del fondatore di Telegram Pavel Durov in Francia la scorsa settimana suggeriscono che la guerra globale alla libertà di parola online ha fatto un passo avanti. Mentre nuove leggi come l'Online Safety Act del Regno Unito e il Digital Services Act dell'UE minacciano le aziende tecnologiche con pesanti multe se non si piegano alla censura governativa, il divieto di X in Brasile suggerisce che potremmo iniziare a vedere un approccio ancora più aggressivo alle piattaforme di dissenso nei prossimi anni».
Anche la prossima amministrazione americana non promette bene, se dovesse vincere Kamala Harris a novembre. Il suo candidato vicepresidente, Tim Walz, ha dichiarato apertamente, in un'intervista alla Msnbc: «Non c'è alcuna garanzia di libertà di parola per quanto riguarda la disinformazione o i discorsi di odio, soprattutto per quanto riguarda la nostra democrazia». Lo diceva in mezzo a considerazioni sulla libertà di voto, sulla necessità di proteggere gli elettori dall'intimidazione online. Apparentemente è inoppugnabile. Ma il concetto, se allargato, porta a scenari brasiliani.
X SOSPESO IN BRASILE PERCHE' ELON MUSK SI RIFIUTA DI CENSURARE
24 milioni di utenti non potranno più accedere all'ex Twitter a causa di una sentenza della Corte Suprema di Lula, provvedimento degno di una dittatura
di Stefano Magni
Non sospendi gli utenti che ti ordino di sospendere? Allora blocco tutto il social network nel mio paese. Questo è quanto è appena successo in Brasile: la Corte Suprema, venerdì 30 agosto, ha ordinato la sospensione di X, l'ex Twitter, dopo una battaglia legale durata mesi tra il proprietario del gigante dei social media, Elon Musk, e le autorità brasiliane, soprattutto il giudice supremo Alexandre de Moraes. Da domenica 1 settembre, circa 24 milioni di utenti non potranno più accedere al grande social network americano.
Venerdì, la maggioranza di un collegio di cinque giudici ha votato a favore del divieto dopo che Alexandre de Moraes ha chiesto alla Corte di rivedere la sua decisione. Elon Musk ha definito de Moraes un "dittatore". Il motivo ufficiale è che l'azienda americana non ha rispettato la scadenza fissata dal giudice de Moraes per nominare un nuovo rappresentante legale nel Paese. Perché però, non è stato nominato un rappresentante legale, in tempo? La settimana scorsa, Musk aveva chiuso gli uffici brasiliani della piattaforma, dopo che i membri del suo staff erano stati minacciati di arresto. Se avesse nominato un rappresentante legale, responsabile in Brasile di eventuali violazioni della legge, questi avrebbe rischiato l'arresto, molto probabilmente.
Una volta ordinata la sospensione completa di X nel paese, il giudice de Moraes ha anche stabilito una multa di 50mila reais (circa 8mila euro) per chiunque abbia usato "sotterfugi tecnologici" per aggirare il blocco, come una VPN, una rete privata virtuale.
LA LIBERTÀ DI PAROLA
Il contenzioso è iniziato ad aprile, quando ad X era stato ordinato di bandire oltre 140 account, tra cui alcuni dei più importanti opinionisti di destra brasiliani e membri eletti del Congresso nelle file dell'opposizione di centrodestra. X si è rifiutata di obbedire, affermando che questi ordini di rimozione sono di per sé illegali e incostituzionali. In risposta alla minaccia di sospensione, Elon Musk aveva dichiarato: «La libertà di parola è il fondamento della democrazia e uno pseudo-giudice non eletto in Brasile la sta distruggendo per scopi politici».
Mike Benz (Foundation for Freedom Online) osserva come la notizia della chiusura di X in territorio brasiliano non abbia suscitato alcuna protesta da parte delle autorità americane, sebbene vengano direttamente colpite da questo provvedimento. « Il governo brasiliano ha appena vietato X, il che significa che l'account dell'ambasciata statunitense in Brasile, @USAmbBR, è ora vietato in Brasile - scrive Benz - I brasiliani non possono nemmeno vedere l'account X dell'ambasciata, che non ha rilasciato una dichiarazione di condanna di quanto accaduto, non ha minacciato sanzioni, non ha minacciato di ridurre gli interessi commerciali degli Stati Uniti, non ha minacciato di eliminare i 200 milioni di dollari di assistenza governativa straniera al Brasile, niente di niente».
Oltre che il silenzio, Benz accusa l'amministrazione Biden di complicità: «Il governo degli Stati Uniti ha finanziato le Ong brasiliane, i think tank brasiliani, che hanno collaborato ad elaborare questi decreti di censura e che hanno fatto pressioni sul governo brasiliano affinché non facesse eccezione per i parlamentari eletti in Congresso, perché ciò sarebbe equivalso ad un lasciapassare per i parlamentari che diffondono disinformazione».
I PRECEDENTI ERANO DELLE DITTATURE
Altri paesi che hanno bloccato X (e precedentemente Twitter) entro i loro confini, sono: Cina, Russia, Iran, Myanmar, Corea del Nord, Turkmenistan e Uzbekistan. Il Brasile si unisce a questa breve lista, con la particolarità di essere l'unica democrazia. È l'ennesima prova della deriva autoritaria del Brasile di Lula, il presidente del Partito dei Lavoratori che, dopo la sua scarcerazione e vittoria elettorale, ora gode anche dell'appoggio di una magistratura politicizzata e schierata dalla sua parte. Un ribaltamento dei rapporti di forza rispetto al 2018, quando il presidente di destra Jair Bolsonaro aveva vinto grazie a un'inchiesta della magistratura che aveva distrutto il Partito dei Lavoratori. E anche grazie ai social, che in quegli anni, avevano contribuito a dare un'alternativa all'egemonia culturale della sinistra. Lula, insomma, si sta vendicando con gli interessi.
Fraser Myers, editorialista di Spiked!, nota come la tendenza a normalizzare il controllo sui social media e anche la censura propriamente detta stia infatti dilagando anche nelle democrazie. «La messa al bando di X in Brasile questa settimana e l'arresto del fondatore di Telegram Pavel Durov in Francia la scorsa settimana suggeriscono che la guerra globale alla libertà di parola online ha fatto un passo avanti. Mentre nuove leggi come l'Online Safety Act del Regno Unito e il Digital Services Act dell'UE minacciano le aziende tecnologiche con pesanti multe se non si piegano alla censura governativa, il divieto di X in Brasile suggerisce che potremmo iniziare a vedere un approccio ancora più aggressivo alle piattaforme di dissenso nei prossimi anni».
Anche la prossima amministrazione americana non promette bene, se dovesse vincere Kamala Harris a novembre. Il suo candidato vicepresidente, Tim Walz, ha dichiarato apertamente, in un'intervista alla Msnbc: «Non c'è alcuna garanzia di libertà di parola per quanto riguarda la disinformazione o i discorsi di odio, soprattutto per quanto riguarda la nostra democrazia». Lo diceva in mezzo a considerazioni sulla libertà di voto, sulla necessità di proteggere gli elettori dall'intimidazione online. Apparentemente è inoppugnabile. Ma il concetto, se allargato, porta a scenari brasiliani.