Mar 05 2025 7 mins
I giochi di ruolo sono un po’ come i film. O i libri. Alcuni invecchiano malissimo, li riprendiamo in mano dopo qualche anno e ci ritroviamo a chiederci come avevamo fatto ad appassionarcene tanto. Altri, invece, a dispetto dell’età, finiscono per restarci nel cuore, se li abbiamo frequentati molto, pur riconoscendone i limiti dovuti all’età. Altri ancora, infine, non molti a dire il vero, nascono già con tutti i requisiti per diventare e restare a lungo dei classici, dei punti di riferimento del mercato, dei modelli unici che fanno da spartiacque tra un prima e un dopo. Veri e propri monumenti. Ecco, secondo la mia opinione di appassionato, master e collezionista, la monumentale (appunto) creatura di Daniel Fox è uno di questi. E non solo per la mole capace di piazzarlo in cima al podio, credo, dei manuali di gioco mai pubblicati per grandezza e numero di pagine. Ma anche, e soprattutto, per i contenuti. Il pubblico abituale della GenCon ricorda ancora l’ovazione ricevuta da Fox nel ritirare il suo doppio Ennie come Miglior Gioco e Prodotto dell’Anno, nel 2018. Meritata perché celebrava uno sforzo solitario quanto ciclopico, una dedizione da amanuense, l’apprezzamento che fu forse tributato ai grandi architetti del Rinascimento all’inaugurazione di una delle loro mirabolanti opere. Zweihander è, per volontà espressa del suo autore, un gioco impegnativo. Non perché difficile, le sue meccaniche sono old school, essenziali e intuitive, ma per l’opulenza asciutta, rigorosa ma anche abbondante dei suoi contenuti. Non si può dire di averlo capito o digerito davvero senza averlo letto tutto. Non vi costringerò a farlo, come potrei? Però vi suggerisco caldamente di ascoltare la puntata di oggi.