Un atto di guerra è un atto di guerra e, sebbene gli eserciti di alcuni Paesi si sforzino (o, comunque, dichiarino) di condurre delle operazioni militari che siano il più possibile “chirurgiche”, quasi sempre sul campo rimangono anche molte vittime civili, bambini compresi. Persino quell’incredibile capolavoro di abbinamento tra le potenzialità del sapere tecnologico e le esigenze belliche - compiuto in questi giorni dai servizi segreti israeliani - qualche vita innocente l’ha purtroppo sacrificata. Certamente niente in confronto alle carneficine alle quali assistiamo quotidianamente a Gaza o in Ucraina, ma - tanto per fare un esempio - una bambina, che ha avuto il solo torto di trovarsi vicino al padre nel momento in cui è esploso il suo cerca persone, non giocherà mai più. Tuttavia, anche chi da sempre è schierato pregiudizialmente contro le ragioni di Israele, dovrebbe avere l’onestà intellettuale di riconoscere che raramente (o, forse, mai) ci è stato dato di osservare un’azione di guerra portata a termine con una precisione così stupefacente e millimetrica: in questo caso, ad essere colpiti sono stati infatti, in maniera pressoché esclusiva, proprio e soltanto i militanti di quell’ organizzazione sciita che, tempestando da anni i confini a nord dello Stato ebraico (con missili di provenienza iraniana), ha costretto la bellezza di 60mila suoi cittadini ad abbandonare le loro case per non fare anch’essi una fine “simil 7 ottobre”...Si, perché non va dimenticato che sia gli ayatollah di Teheran, che i loro amichetti di Hezbollah e di Hamas non fanno affatto mistero di puntare inesorabilmente alla distruzione dello Stato di Israele e allo sterminio della sua popolazione. Ma su questo tema, ci siamo già intrattenuti in passato. L’aspetto che ci interessa oggi segnalare è, invece, quello che riguarda le innumerevoli voci critiche che si sono levate, in svariati ambienti politici e culturali di tutta Europa, per deplorare un’operazione militare che, in realtà, si è rivelata talmente “chirurgica” che più “chirurgica” non si poteva neanche immaginare... E dietro a questo atteggiamento che va dalla plateale alla velata condanna di tutto ciò che fa Israele – anche se ci regalasse un milione di euro a testa – ci sembra difficile non scorgere il pregiudizio anti semita secondo il quale non importa quali mezzi Tel Aviv adotti per difendersi, perché, alla fine della favola, quello che si vuole veramente negare è proprio il diritto stesso di Israele a reagire ed in definitiva ad esistere. Il tutto in un contesto geopolitico che ben poco assomiglia ad un salotto del Settecento, ma riproduce, invece, molto da vicino, un’arena – quale da sempre è quella mediorientale – in cui a prevalere non è esattamente la capacità di farsi amare, quanto quella di farsi temere e rispettare. E se Paesi come l’Egitto e la Giordania, dopo decenni di conflittualità, hanno poi deciso di riconoscere diplomaticamente lo Stato ebraico - rinunciando così a combatterlo - non è certo perché si siano sinceramente ricreduti sulla legittimità storica e politica di Israele, ma molto più semplicemente perché hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco, dinanzi alla sua superiorità militare. Questa è, pertanto, la logica cinica, ma irrinunciabile che presiede allo spettacolare gioco di prestigio che, in queste ore, ha lasciato completamente sbigottito tutto lo scacchiere mediorientale.