Mar 01 2025 3 mins
Quanto si è visto in mondovisione venerdì sera segna, probabilmente, se non la fine, almeno l’inizio di un lungo periodo di sospensione delle regole della diplomazia alle quali eravamo stati, da sempre, abituati. Non che, nelle stanze ovattate del potere mondiale, non siano mai avvenuti scontri particolarmente accesi: vi ricordate la tradizionale formula che definiva “franchi e cordiali” certi incontri finiti a pesci in faccia? Tuttavia, questa volta, alla Casa Bianca, nessuno si è davvero minimamente preoccupato di provare a “salvare il salvabile”, in presenza di telecamere che hanno trasmesso, in diretta mondiale, uno spettacolo davvero avvilente: soprattutto per chi si illudeva che il prestigioso Studio Ovale fosse ancora rimasto un ambiente ben distinto da quello dei saloons, frequentati da John Wayne o da Henry Fonda e nei quali Donald Trump deve avere, evidentemente, appreso le “buone maniere”. E così, dopo aver subito un processo sommario da parte del presidente americano e del suo vice, il povero Zelensky è stato liquidato con brutale “sei fuori”, proprio come quello con cui il palazzinaro newyorkese – non ancora entrato in politica – concludeva spesso il suo programma televisivo “The Apprentice”, quando bocciava le idee di qualche aspirante imprenditore che tentava la fortuna sui teleschermi. Solo che, in questo caso, non eravamo nè su “Masterchef”, né su “Scherzi a parte”, ma su quella che forse era (e speriamo sia ancora) la più delicata trattativa dalla crisi di Cuba in poi.
Per la verità, nei giorni scorsi, non erano certo mancati dei segnali ben poco incoraggianti circa il buon esito della trattativa che aveva, come oggetto principale, la definizione di un accordo per lo sfruttamento del ricchissimo sottosuolo ucraino da parte delle imprese minerarie americane...era, infatti, abbastanza prevedibile che il presidente ucraino, nel consegnare al suo prepotente “padrone” un tesoro stimato in quindicimila miliardi di dollari, gli avrebbe almeno chiesto - prima di apporre la sua firma sul contratto capestro - su quali garanzie di integrità territoriale il suo Paese avrebbe potuto contare in futuro. Insomma, possiamo immaginare che un rassegnato Zelensky si aspettasse, ragionevolmente, di sentirsi dire un qualcosina di più rassicurante, rispetto al “tu pensa a firmare e poi, per le garanzie, si vedrà dopo il negoziato con Putin”...E qui, pur considerando l’ascesa di Trump al potere come un’autentica sciagura planetaria, dobbiamo anche riconoscere che, per certi aspetti, il tycoon non dice cose insensate quando sostiene che, in fondo, per l’Ucraina non ci può essere protezione più salda di quella fornita da una capillare presenza sul suo territorio di aziende, tecnici e operai americani. Come è possibile non capire – pensa Trump – che a, quel punto, per Mosca, tornare ad aggredire Kiev significherebbe andare a toccare i fili dell’alta tensione su un territorio divenuto ormai, sostanzialmente, una colonia americana? Il ragionamento sembra filare con una certa coerenza, anche se presenta l’invalicabile limite di essere un po’ troppo fondato sugli interessi variabili, imprevedibili e persino umorali delle parti potenzialmente contraenti. Quanti anni governeranno ancora gli ultrasettantenni Trump e Putin? Chi verrà dopo di loro? Siamo proprio sicuri che, considerati i tempi lunghi (forse addirittura vent’anni) ed i costi elevatissimi che comportano la ricerca e lo sfruttamento delle “terre rare ucraine”, si rivelerà poi così conveniente, per le imprese americane, investire in questa avventura? E se, un bel giorno, qualcuno scoprisse che anche il sottosuolo statunitense è ricchissimo di certi minerali, lasciando così lo Zio Sam cinicamente libero di abbandonare l’Ucraina al proprio destino? No, signor Trump, francamente, ci pare proprio che Zelensky, respingendo – almeno per ora - la sua offerta e pretendendo garanzie più concrete, abbia proprio i suoi buoni motivi e stia realmente facendo, sia pure in condizioni disperate, l’interesse della sua gente.
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Per la verità, nei giorni scorsi, non erano certo mancati dei segnali ben poco incoraggianti circa il buon esito della trattativa che aveva, come oggetto principale, la definizione di un accordo per lo sfruttamento del ricchissimo sottosuolo ucraino da parte delle imprese minerarie americane...era, infatti, abbastanza prevedibile che il presidente ucraino, nel consegnare al suo prepotente “padrone” un tesoro stimato in quindicimila miliardi di dollari, gli avrebbe almeno chiesto - prima di apporre la sua firma sul contratto capestro - su quali garanzie di integrità territoriale il suo Paese avrebbe potuto contare in futuro. Insomma, possiamo immaginare che un rassegnato Zelensky si aspettasse, ragionevolmente, di sentirsi dire un qualcosina di più rassicurante, rispetto al “tu pensa a firmare e poi, per le garanzie, si vedrà dopo il negoziato con Putin”...E qui, pur considerando l’ascesa di Trump al potere come un’autentica sciagura planetaria, dobbiamo anche riconoscere che, per certi aspetti, il tycoon non dice cose insensate quando sostiene che, in fondo, per l’Ucraina non ci può essere protezione più salda di quella fornita da una capillare presenza sul suo territorio di aziende, tecnici e operai americani. Come è possibile non capire – pensa Trump – che a, quel punto, per Mosca, tornare ad aggredire Kiev significherebbe andare a toccare i fili dell’alta tensione su un territorio divenuto ormai, sostanzialmente, una colonia americana? Il ragionamento sembra filare con una certa coerenza, anche se presenta l’invalicabile limite di essere un po’ troppo fondato sugli interessi variabili, imprevedibili e persino umorali delle parti potenzialmente contraenti. Quanti anni governeranno ancora gli ultrasettantenni Trump e Putin? Chi verrà dopo di loro? Siamo proprio sicuri che, considerati i tempi lunghi (forse addirittura vent’anni) ed i costi elevatissimi che comportano la ricerca e lo sfruttamento delle “terre rare ucraine”, si rivelerà poi così conveniente, per le imprese americane, investire in questa avventura? E se, un bel giorno, qualcuno scoprisse che anche il sottosuolo statunitense è ricchissimo di certi minerali, lasciando così lo Zio Sam cinicamente libero di abbandonare l’Ucraina al proprio destino? No, signor Trump, francamente, ci pare proprio che Zelensky, respingendo – almeno per ora - la sua offerta e pretendendo garanzie più concrete, abbia proprio i suoi buoni motivi e stia realmente facendo, sia pure in condizioni disperate, l’interesse della sua gente.
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