Il 29 ottobre del 2018 un vento mai sperimentato prima sconvolse le valli delle Alpi orientali italiane, dalla Lombardia al Friuli. È stato uno dei peggiori episodi di crisi climatica a colpire il nostro territorio, in poche ore caddero milioni di alberi in tutto il Triveneto. Passò alla storia come la Tempesta Vaia.
Alla vigilia della Cop26 di Glasgow e nel terzo anniversario di quel disastro, un podcast ritorna sui luoghi della tempesta, per raccontarne la lezione: un insegnamento per il futuro dei boschi italiani e della montagna, al tempo del riscaldamento globale.
Vaia - alberi, esseri umani, clima è un podcast in quattro puntate prodotto da Compagnia delle Foreste e dal quotidiano Domani, con il supporto di Pefc Italia, Uncem ed Fsc Italia, scritto e narrato da Ferdinando Cotugno e Luigi Torreggiani, già creatori e conduttori di Ecotoni, il podcast dedicato alle foreste italiane.
In questo reportage vocale dai luoghi della tempesta, i due autori intervistano 20 tra testimoni ed esperti, raccontano la notte del disastro e tutto quello che è venuto dopo, a partire dalla «seconda tempesta», l'invasione del bostrico, l'insetto che sta attaccando i boschi di abete rosso in tutto il Triveneto e che - in conseguenza del doppio stress di Vaia e del caldo di questi anni - ne sta raddoppiando i danni.
Economia, legno, territorio, boschi: niente sarà più lo stesso dopo Vaia, che rischia di essere un antipasto degli sconvolgimenti climatici in arrivo sul nostro territorio nei prossimi anni. Quel vento anomalo, che non esisteva nella memoria ecologica dei boschi italiani, arrivò da sud con potenza oceanica, ma alimentato e potenziato da un Mediterraneo sempre più caldo. Il podcast Vaia ne racconta anche le conseguenze sul mondo forestale, una realtà spesso ai margini della società italiana, nonostante i boschi coprano più di un terzo del nostro territorio. Il reportage getta infine uno sguardo al futuro: cosa serve per rendere più resiliente alla crisi climatica una parte così importante, delicata e fragile del nostro territorio, perché la tempesta è l'occasione per ripensare i boschi italiani e i territori montani di domani.